Il buen vivir, la pace e l’intercultura principi fondamentali

E’ stata approvata dall’Assemblea Costituente in luglio e sarà sottoposta a referendum il prossimo 28 settembre la nuova Carta Costituzionale dell’Ecuador, il più piccolo tra i paesi andini guidato dal 2006, da un giovane economista, Rafael Correa, che si inspira ai principi del socialismo del XXI secolo.

L’Ecuador, uno dei paesi più poveri del continente, garantirà l’educazione e la sanità gratuite per tutti nonchè l’accesso sicuro e permanente ad una alimentazione sana e sufficiente; l’acqua assurge a diritto umano inalienabile e si promuove la sicurezza alimentare. Si proibisce l’ingresso nel paese di rifiuti tossici e scorie nucleari, così come la produzione, commercializzazione e trasporto di armi chimiche, biologiche e nucleari, di contaminanti altamente tossici, di agrochimici proibiti a livello internazionale e di organismi geneticamente modificati.

L’Ecuador viene definito «territorio di pace» e si proibisce la costruzione di basi militari straniere o di installazioni straniere per fini militari; allo stesso modo, si proibisce la cessione a stranieri di basi o installazioni militari nazionali. Gli indigeni vedranno finalmente sancito il carattere plurinazionale dello Stato mentre kichwa e shuar, i due principali idiomi ancestrali, diventano lingue ufficiali in relazione di interculturalità con il castigliano.

L’Ecuador è uno dei principali esportatori di petrolio della regione, tanto che i proventi della vendita del greggio costituiscono la prima voce del Pil, seguiti dalle rimesse degli emigrati che, con il loro lavoro, contribuiscono allo sviluppo delle economie di Spagna, Italia e Stati Uniti. Nonostante questo, l’art. 15 della nuova Costituzione stabilisce che lo Stato promuoverà l’uso di tecnologie ambientalmente pulite e di energie alternative. In più, si riconosce il diritto della popolazione a vivere in un ambiente sano e si dichiara di interesse pubblico la preservazione dell’ambiente e la prevenzione del danno ambientale.

Come in molti paesi latinoamericani, l’informazione è da sempre controllata dalle poche famiglie che, nel corso degli anni, hanno detenuto il potere economico e politico. Se il 28 settembre il popolo ecuadoriano dirà Sì alla nuova Costituzione, anche l’informazione dovrà tornare ad essere libera: tutti avranno diritto ad una comunicazione libera, diversificata e partecipativa, con uguali possibilità di accesso alle tecnologie dell’informazione e all’utilizzo delle concessioni radiotelevisive. Lo Stato promuoverà la pluralità dell’informazione e non permetterà il monopolio o l’oligopolio nella proprietà dei mezzi di informazione.

Nel Sud America è anche il paese con il maggior numero di sfollati e rifugiati. Sono quasi tutti colombiani irregolarmente entrati nel paese, in fuga da un conflitto che dura ormai da 50 anni e che, dopo la liberazione di Ingrid Betancourt, rischia di sprofondare nuovamente nel silenzio e nell’indifferenza. Nonostante questo, la nuova Carta costituzionale ecuadoriana riconosce a tutti il diritto a migrare mentre lo Stato non considererà illegale nessun essere umano a causa della propria condizione migratoria. Ogni immigrato che vive in Ecuador potrà fare ritorno nel proprio paese e lo Stato si impegnerà a garantire che tale rientro possa avvenire in maniera sicura e dignitosa, indipendentemente dall’avere o meno i documenti in regola. Allo stesso modo, garantirà anche agli immigrati irregolari l’assistenza sanitaria ed un’alimentazione adeguata.

Per Costituzione, tutti avranno diritto alla ricreazione, al tempo libero e alla pratica di almeno uno sport. Chiunque avrà diritto a vivere in una casa sicura e dignitosa, indipendentemente dalla situazione sociale o economica, e si riconoscono i diritti delle coppie di fatto anche omosessuali.
Infine, tutti i diritti e tutti i doveri previsti dalla nuova Costituzione riguarderanno sia i cittadini ecuadoriani che gli stranieri presenti nel paese, senza discriminazione alcuna.

Un risultato storico, dunque, che affonda le proprie radici nel passato recente del paese andino. In trent’anni di democrazia, l’Ecuador è stato caratterizzato da governi corrotti, politiche neoliberali dettate dal Fondo monetario e dalla Banca mondiale, banchieri che portavano all’estero i risparmi dei cittadini e poi dichiaravano fallimento. Un bel giorno, nell’aprile del 2005, dopo anni di lotte indigene che hanno aperto il cammino, la gente comune, gli anziani, gli studenti, i disoccupati, gli intellettuali, i pensionati, i professori, le casalinghe, armati di casseruole e pentole, scendono in strada e non rientrano nelle proprie case fin quando, dopo tre giorni di proteste, non vedono scappare a gambe levate l’ennesimo presidente corrotto. L’anno successivo, sale al potere il socialista Rafael Correa ed oggi il paese festeggia una «costituzione magnifica», come l’ha definita Alberto Acosta, ex presidente della Costituente ed una delle menti di questo progetto innovativo.

Fonte: Carta